2021-02-21 07:45:00

Nell’esporre in Senato i punti programmatici su cui il Governo chiede il voto di fiducia il Presidente Draghi ha inserito tra le priorità il ripristino di un “orario normale” per la scuola, che dopo il blocco generalizzato delle attività in presenza durato da febbraio a giugno del 2020 non sta certo vivendo, nell’anno scolastico in corso, una situazione priva di difficoltà e problemi. Anzi, il loro protrarsi per così lungo tempo ne accentua la gravità, sottolineata nei giorni scorsi da un’indagine dell’Invalsi che mette nero su bianco i dati di un “divario digitale” contro cui nulla possono la competenza e la generosità d’impegno di un’intera categoria, capace di reinventare il suo lavoro per poterlo svolgere nelle condizioni consentite dalla pandemia e dalle misure di contrasto che si è reso necessario mettere in atto.

È ormai opinione diffusa che la crisi ha messo in evidenza limiti e carenze del nostro sistema di istruzione, tanto che il superamento dell’emergenza non potrà 

ridursi semplicemente a un ritorno alla situazione precedente: ma intanto la ripresa generalizzata della didattica in presenza, per riconsegnare quanto prima la scuola alla sua dimensione naturale e più autentica, è obiettivo su cui puntare con la massima determinazione. La didattica digitale, cui si è fatto e ancora si sta facendo ampiamente ricorso, è stata una risorsa importante e occorrerà senz’altro far tesoro anche in prospettiva del bagaglio consistente di esperienze e competenze accumulate in questa fase, in modo da presidiare sempre più efficacemente ambiti, tecnologie, linguaggi la cui diffusione è in crescita vertiginosa soprattutto fra le giovani generazioni: vi è su questo uno spazio enorme di intervento di cui farsi carico in termini educativi, un compito al quale la scuola non può sottrarsi, chiamata piuttosto ad aggiornarsi e formarsi adeguatamente. Ma c’è bisogno e voglia di tornare quanto prima e dovunque al calore della didattica in presenza.
Le infinite discussioni, a cavallo fra dicembre e gennaio, su quale data fosse possibile stabilire per un rientro a scuola nella secondaria di secondo grado sono sfociate, com’era prevedibile, nelle decisioni assunte in ordine sparso dalle Regioni, determinando un quadro nel quale l’unico dato evidente è l’assenza di una linea di governo unitaria del sistema. È vero che sulle scelte pesano inevitabilmente le differenti condizioni di contesto legate all’andamento dei dati epidemiologici: ancor più vero è che per il rientro in classe occorre predisporre le condizioni che garantiscano livelli accettabili di sicurezza, tenendo in considerazione non solo ciò che avviene all’interno degli edifici scolastici, ma il contesto più generale nel quale la scuola è inserita e col quale, necessariamente, interagisce.
Due le lacune più evidenti cui si può in gran parte addebitare l’insuccesso dell’operazione “rientro a scuola” che si auspicava potesse compiersi alla ripresa delle attività dopo la pausa natalizia: l’irrisolta questione dei trasporti e dei connessi problemi di sovraffollamento, l’assenza di un efficace supporto alle scuole per quanto riguarda l’individuazione e la gestione delle emergenze di tipo sanitario. Più altre lacune che via via si stanno evidenziando, una per tutte la mancanza di sistemi che permettano il ricambio d’aria nei locali, sicuramente più utili e urgenti dei tanto discussi banchi a rotelle. Sulla risoluzione di questi problemi si giocano in buona parte le chances di un ritorno in tempi più o meno brevi a quella che lo stesso Draghi ha definito, come già detto in apertura, la “normalità” dell’orario scolastico. Continuano a essere, a tutti gli effetti, oggetto di intervento urgente e prioritario.
Poi c’è la questione dei vaccini: avevamo chiesto che il piano nazionale riservasse al personale della scuola una corsia prioritaria, è positivo che si vada in questa direzione, anche se andrebbero da subito resi più chiari tempi e modalità di un’operazione da coordinare a livello nazionale, evitando che sia rimessa totalmente all’iniziativa regionale o addirittura di ogni singola azienda sanitaria, in modo episodico e casuale. Serve soprattutto un’azione di informazione e coinvolgimento del personale, anche per fugare le perplessità legate all’annunciato utilizzo di un vaccino, quello di AstraZeneca, di cui si è spesso sottolineato un minore livello di efficacia.
Infine il tema, molto discusso, e ripreso brevemente anche da Draghi nel suo intervento, di come recuperare, anche intervenendo su articolazione degli orari e del calendario, il tempo scuola che si sarebbe perduto, specie nella secondaria di secondo grado, a causa del prolungato ricorso alla didattica a distanza, da cui una fascia rilevante della popolazione scolastica non sarebbe stata raggiungibile. La questione è certamente importante e merita una discussione che affronti seriamente il problema, non riconducibile a soluzioni semplicistiche come l’aggiunta di un paio di settimane di lezione in più. Si faccia anzitutto una rilevazione, il più oggettivamente possibile, dei danni che l’emergenza può aver prodotto in termini di apprendimenti e competenze; siano poi le scuole, a partire dalla diretta e specifica rilevazione del fabbisogno, a individuare tempi e modalità più opportune per un necessario recupero formativo. Una cosa dev’essere detta con estrema chiarezza: prolungare semplicemente le lezioni di un paio di settimane non è una risposta all’altezza del problema; può aiutare qualcuno a mettersi sbrigativamente a posto la coscienza, o a togliersi la soddisfazione di veder lavorare qualche giorno di più presunti fannulloni, ma davvero non merita di diventare lo spartiacque tra buoni e cattivi, il metro con cui si misurano senso civico, responsabilità e disponibilità all’impegno. Sapendo che il mondo della scuola non si è mai tirato indietro nei momenti di difficoltà, e proprio nella gestione dell’emergenza coronavirus ne ha dato un’ulteriore dimostrazione.

Maddalena Gissi

Segretaria generale Cisl Scuola

( 18 febbraio 2021 )

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